È la bravissima, originale, bellissima Esperanza Spalding, sabato 24 luglio in piazza Unità alle 21, a inaugurare il trittico di stelle che illuminano la quarta edizione di TriesteLovesJazz: abbraccia il suo strumento come fosse un tutt’uno con il suo corpo, quest’ultimo impreziosito da un look afro gentile ed accattivante; c’è una magia ipnotica nel suo fare musica, spazia con disinvoltura tra il jazz e l’ambiente musicale brasiliano, tra i classici standard e le personali reinterpretazioni delle migliori hits sudamericane e americane, senza mai trascendere, ma lasciando sempre un suo personale contributo rispettoso e di intima eleganza. Ha la grazia di un angelo, e la sua voce è frizzante e fresca come una giovanile carezza: una vera, trascinante rivelazione del jazz contemporaneo che a Trieste arriva con la sua band (Leo Genovese al pianoforte, Riccardo Vogt alla chitarra e Dana Hawkins alla batteria). Prodigioso talento sin dai primi anni dell’educazione alla musica, questa contrabbassista e cantante dell’Oregon si è definita una virtuosa del contrabbasso già a quindici anni; distintasi come la più giovane insegnante di Berkley poco più che adolescente, oggi è universalmente riconosciuta come un eccezionale prodigio ed è già collaboratrice, tra gli altri, di Metheney, Lovano, Austin, Clerke. Le sue ottime doti di strumentista (una tecnica notevole e personalissima) e di compositrice si sono rivelate al mondo nelle sue esibizioni per il Presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, che l’ha voluta accanto per il suo insediamento: da allora non ha che confermato il proprio successo, dovuto a un talento indiscutibile e alla fantasia della giovinezza. Due gli album a suo nome, Junjo (2006) e Esperanza (2008), un crescendo di eleganza, raffinatezza e originalità, la ricerca di una miscela jazzata di suoni afro, struggenti frammenti melodici dell’America moderna e calore sudamericano, che decretano a pieno merito l’assurgere di questa giovane musicista al firmamento dei pianeti jazz più interessanti sicuramente ancora per un bel po’ di anni.
Domenica 25 luglio è la volta di un progetto particolarmente caro all’organizzazione del Festival triestino, che vede protagonista il Trio of Oz (già ospite, con strepitoso successo, di un’iniziativa dello scorso marzo a Casa della Musica), composto dal grande batterista Omar Hakim – storica la sua partecipazione ai Weather Report ma noto anche per le sue collaborazioni tra cui quelle con Miles Davis, Sting, David Bowie e Madonna -, da Rachel Z., talentuosa pianista, tecnicamente ineccepibile e affascinante per il suo temperamento tenace e graffiante (tra le sue collaborazioni spiccano Mike Mainieri, Wayne Shorter e Peter Gabriel) e dalla giovane ed eclettica bassista Maeve Royce. A Trieste il trio si avvale anche della collaborazione del sassofonista norvegese Bendik Hofseth (noto semplicemente come Bendik), storico strumentista degli Steps Ahead.
Anima del progetto, e personaggio straordinario per grandezza artistica ed energia umana, è sicuramente Omar Hakim: acclamato per la sua versatilità, per l’espressività del suo groove, per l’eccellenza nell’uso delle tecnologie in musica, Hakim è uno dei più quotati batteristi e session man sulla scena internazionale degli ultimi 35 anni. Ha collaborato con i più diversi artisti e ha al suo attivo centinaia di registrazioni, molte delle quali a suo nome. Sul palcoscenico ancora giovanissimo con la Gil Evans Big Band, David Sanborn, Patti Labelle, lega poi il suo nome al gruppo dei Weather Report, con i quali ha suonato fino allo scioglimento della band. Alla fine degli anni Ottanta aveva già collaborato con Miles Davis (Tutu, Music from Siesta), Dire Straits (Brother in Arms, Money for Nothing) e Sting ma anche, nel corso della lunga ed eclettica carriera, con George Benson, Lionel Richie, Chaka Khan, Anita Baker, Bobby McFerrin, John Scofield, Urban Knight’s, Bruce Springsteen, Michael Jackson, Celine Dion, Jewel, J-Lo, D’Angelo, Mariah Carey, e Madonna.
Il progetto che la band porta a Trieste nasce ad hoc per il festival ed è prodotto da TriesteLovesJazz e Zero Zero Jazz, agenzia che si occupa dell’attività italiana del Trio of Oz: lusingato dal regalo che il grandissimo batterista ha deciso di prestare a TLJ, lo staff del festival si pregia anche di un’altra presenza importante che ha deciso di seguire questa prima assoluta. Radiotre Suite Jazz, infatti, la più autorevole pagina jazz del palinsesto radiofonico della Rai nazionale, ha deciso di inserire nella sua programmazione proprio il concerto triestino e di parlarne con la direzione artistica e con gli stessi interpreti nel corso della messa in onda serale di Radiotre dei prossimi mesi (la trasmissione è a cura di Pino Saulo). Un’ufficializzazione importante per un festival ancora giovane ma che si accinge a diventare un importante riferimento per il nordest in musica e che si ripromette di accrescere il livello delle proprie proposte artistiche anche grazie al successo indiscutibile di queste prime edizioni.
Terza star storica del cartellone triestino, che sale sul palcoscenico di piazza Unità lunedì 26 luglio, è il chitarrista e compositore Larry Carlton, con il suo trio, composto da Travis Carlton al basso e Gene Coye alla batteria – il concerto è in collaborazione con il Bohemian Jazz Festival (già partner di TLJ gli scorsi anni). Carlton è una vera leggenda del fusion jazz internazionale: tre i Grammy vinti e 18 le nominations in tutti i settori del premio, dal jazz al pop, in 35 anni di gloriosa e indiscussa carriera. La sua chitarra, generalmente una Gibson 335, da cui il soprannome attribuitogli di “Mr. 335”, è venerata alla stregua di quelle dei suoi maestri: Joe Pass, Wes Montgomery e Barney Kessel. Un’anima blues alle origini, alla domanda di quali siano le fonti d’ispirazione e i mentori ideali della sua musica, risponde B.B. King per il lato emotivo e il grande John Coltrane per la composizione. Assolutamente imprescindibile per la storia del suo strumento, Carlton ha plasmato uno standard tecnico e compositivo che vanta una storia ormai trentennale e che non esiterà a lasciare il segno nello stile chitarristico jazz, blues, pop e rock delle prossime decadi.