Franco Vallisneri, scomparso nel 1995, era un noto musicista, fisarmonicista e pianista triestino di gran classe. Venerdì 5 maggio, alle 20.30 a Casa della Musica di Trieste, un emozionante appuntamento per ricordarlo con brevi filmati, ascolti della sua musica e un omaggio musicale da parte di amici e colleghi. Tra gli ospiti che suoneranno ROBERTO MAGRIS, MAX SORNIG, ANDREA MASSARIA, FULVIO VARDABASSO, GABRIELE CENTIS, RICCARDO MORPURGO.
Ricordiamolo qui con un sentito scritto di Sergio Cimarosti, che ringraziamo.
Al sorriso mite di Franco Vallisneri corrispondeva una modestia che di rado si incontra tra i musicisti. Ora che non c’è più ci accorgiamo quanto fosse ingiustificato il suo “rimanere nell’ombra”. Continuava a ripeterci di non essere abbastanza preparato tecnicamente: proprio lui che possedeva un orecchio in grado di acchiappare al volo un tema bebop o una cascata di accordi, che improvvisava con magnifica fantasia melodica, che aveva un infallibile istinto ritmico.
La sua storia testimonia un travolgente amore per la musica vissuto attraverso i ritmi e le armonie d’oltreoceano. Nei primi anni ’50 Vallisneri (classe 1928) cominciò a solcare i palcoscenici triestini.
Il fraseggio della sua fisarmonica brillò nelle innumerevoli registrazioni per Radio Trieste, nel sound dell’Orchestra Triestina Jazz diretta da Zeno Vukelich oppure a fianco di Teddy Reno, Nilla Pizzi, Kramer ed Ernesto Bonino. Ma le avventure più entusiasmanti coinvolsero gli amici di un “favoloso” quartetto: il trombettista Gino Carcelli, il contrabbassista Danilo Ferrara e il batterista Sergio Conti. Poi si aprì la strada europea: in Olanda, Danimarca, Austria e Germania, Vallisneri maturò un formidabile mestiere. Quando ritornò a Trieste, l’epoca d’oro dei locali stava tramontando e per i musicisti professionisti la scelta obbligata era quella delle serate’. Egli passò con facilità dalla tastiera della fisarmonica a quella del pianoforte. Nel ruolo di accompagnatore rappresentava una sicura garanzia per tutti i jazzisti italiani e stranieri che approdavano a Trieste ed avevano bisogno di un tappeto armonico di classe. E gli insegnamenti del maestro Vallisneri aprirono a molti, giovani e meno giovani, le porte dell’improvvisazione.
Il suo mondo era quello del jazz e della “nobile” musica leggera. Quando modulava al piano una canzone di Tenco o uno standard americano sentivate subito il suo raffinato gusto nella sostituzione degli accordi e degli abbellimenti del tema. E non esisteva pagina di musica classica di cui non fiutasse la qualità della scrittura ed i pregi poetici. S’inchinava davanti ai giganti del pianismo contemporaneo ammirando con la gioia di un bambino il suono e la velocità di Horowitz, la perfezione di Michelangeli, la bravura polifonica di Gould. Quanti splendidi momenti passati con lui a parlare del vulcanico stile di Oscar Peterson, del virtuosismo di Gonzalo Rubalcaba, della genialità armonica di Bill Evans. Continuando a ripetergli che in quest’angolo di mondo la “destra” di Franco Vallisneri non aveva pari.